Il codice deontologico forense attua i valori caratterizzanti la professione di avvocato e garantisce la libertà, la sicurezza e la inviolabilità della difesa ed in quanto tale è direttamente interpretabile dalla Corte di Cassazione. La violazione di detto codice rileva, dunque, in sede di legittimità solo quando si colleghi all’incompetenza, all’eccesso di potere o alla violazione di legge, cioè ad una delle ragioni per le quali l’art. 56, c. 3, del r.d.l. 27.11.33 n. 1578, conv. dalla 1. 22.01.34 n. 36 (ora, art. 36, co. 6, L. n. 247/2012), consente il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, per censurare unicamente un uso del potere disciplinare da parte degli ordini professionali per fini diversi da quelli per cui la legge lo riconosce; oppure quando si colleghi al vizio di motivazione, che pure consente il ricorso per cassazione, dato che ai sensi dell’art. 111 Cost., c. 5, tutti i provvedimenti debbono essere motivati.
Corte di Cassazione (pres. Salmè, rel. Mammone), SS.UU, sentenza n. 14746 del 30 giugno 2014
Classificazione
- Decisione: Corte di Cassazione, sentenza n. 14746 del 30 Giugno 2014 (respinge)- Decisione correlata: Consiglio Nazionale Forense n. 164 del 30 Settembre 2013
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