Ai sensi dell’art. 3, quarto comma, lett. b), del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 (convertito in legge 22 gennaio 1934, n. 36) – come modificato dall’art. 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1949 -, il quale costituisce norma di carattere eccezionale e, perciò, di stretta interpretazione (anche in considerazione delle ragioni di ordine pubblico ad essa sottostanti), lo “ius postulandi” degli avvocati dipendenti da enti pubblici, inseriti in autonomi uffici legali istituiti presso gli stessi enti ed iscritti nell’elenco speciale annesso all’albo, è limitato alle cause e agli affari propri dell’ente presso il quale prestano la loro opera. Dal suddetto vincolo di stretta interpretazione discende, inoltre, che non è consentito ritenere “propri” dell’ente pubblico datore di lavoro del professionista le cause e gli affari di un ente diverso, dotato di distinta soggettività, restando irrilevanti sia gli eventuali provvedimenti del primo ente che prevedano la possibilità di utilizzazione del proprio ufficio legale da parte del secondo, sia la partecipazione sociale totalitaria dell’ente pubblico (nella fattispecie, Comune) alla società per azioni difesa dal legale dell’ente medesimo (ed ancorchè detta società abbia assunto i compiti propri di una soppressa azienda comunale).
Cassazione Civile, sentenza del 08 settembre 2004, n. 18090, sez. 5- Pres. Saccucci B- Rel. Schirò S- P.M. Golia A (Conf.)
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