Le previsioni del codice deontologico forense hanno natura di fonte integrativa dei precetti normativi e si possono ispirare legittimamente a concetti diffusi e generalmente compresi dalla collettività. Ne consegue che, al fine di garantire l’esercizio del diritto di difesa all’interno del procedimento disciplinare che venga intrapreso a carico di un iscritto al relativo albo forense, è necessario che all’incolpato venga contestato il comportamento ascritto come integrante la violazione deontologica e non già il nomen iuris o la rubrica della ritenuta infrazione: il giudice disciplinare è libero d’individuare l’esatta configurazione della violazione tanto in clausole generali, quanto in diverse norme deontologiche o anche di ravvisare un fatto disciplinarmente rilevante in condotte atipiche non previste da dette norme.
Corte di Cassazione (pres. Virgilio, rel. Perrino), SS.UU, sentenza n. 1609 del 24 gennaio 2020
Classificazione
- Decisione: Corte di Cassazione, sentenza n. 1609 del 24 Gennaio 2019 (respinge)- Decisione correlata: Consiglio Nazionale Forense n. 22 del 23 Aprile 2019
0 Comment