In tema di responsabilità disciplinare dell’avvocato, il dovere di astensione previsto dall’art. 24, comma 5, del codice deontologico – qualora le parti aventi interessi confliggenti si rivolgano ad avvocati che siano partecipi di una stessa società di avvocati o associazione professionale o che esercitino negli stessi locali e collaborino professionalmente in maniera non occasionale – trova applicazione anche nelle ipotesi contenute nel comma 4 dell’art. 68 dello stesso codice (secondo cui l’assistenza del minore in controversie familiari impone all’avvocato di astenersi dal prestare la propria assistenza in successive controversie familiari), atteso che l’esigenza d’impedire – soprattutto nella delicata materia di famiglia – il conflitto di interessi, anche solo potenziale, resterebbe radicalmente vanificata se fosse permessa la sua agevole elusione in caso di strette e continuative collaborazioni professionali tra avvocati. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione del Consiglio Nazionale Forense che aveva ravvisato un’ipotesi di conflitto d’interessi – potenziale, ma comunque rilevante – nella condotta di un difensore che aveva accettato il mandato conferito per il procedimento volto ad ottenere il riconoscimento di status di una minore, sebbene il curatore di quest’ultima, che in concreto aveva aderito alla domanda di riconoscimento, fosse un avvocato facente parte della medesima associazione professionale). (mass.uff.)
Corte di Cassazione (pres. Cassano, rel. Grasso), SS.UU., sentenza n. 20881 del 26 luglio 2024
Classificazione
- Decisione: Corte di Cassazione, sentenza n. 20881 del 26 Luglio 2024 (respinge)- Decisione correlata: Consiglio Nazionale Forense n. 160 del 25 Luglio 2023
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