Il requisito della “condotta irreprensibile” – previsto dall’art. 17, comma 1, lett. h), della l. n. 247 del 2012 tra quelli necessari per l’iscrizione all’albo degli avvocati – impone una considerazione delle condotte (anche afferenti alla vita privata) del richiedente improntata a un canone di necessaria gravità, funzionale alla valutazione dell’idoneità dell’interessato, sotto il profilo dell’onorabilità, a garantire l’affidabilità e il prestigio connessi allo svolgimento della professione forense, con la conseguenza che, in ragione della presunzione di non colpevolezza, la mera condizione di imputato non è – di per sé – ostativa, essendo necessario quantomeno che l’accertamento della responsabilità penale si sia tradotto in una pronuncia di condanna, sia pure non definitiva.
Corte di Cassazione (pres. Cassano, rel. Giusti), sentenza n. 19726 del 17 luglio 2024
Classificazione
- Decisione: Corte di Cassazione, sentenza n. 19726 del 17 Luglio 2024 (accoglie)- Decisione correlata: Consiglio Nazionale Forense n. 205 del 19 Ottobre 2023
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