La risposta è resa nei termini seguenti.
La norma che disciplina le c.d. “spese forfetarie” è l’art. 13, comma 10, della legge n. 247/2012, in cui si stabilisce che “Oltre al compenso per le prestazioni professionali, all’avvocato è dovuta, sia dal cliente in caso di determinazione contrattuale […] una somma per il rimborso delle spese forfetarie, la cui misura massima è determinata dal decreto di cui al comma 6.”. Il d.m. n. 55/2014 ha quantificato le spese forfetarie nella misura del 15% del compenso totale per la prestazione, misura che a seguito del d.m. n. 147/2022 è fissa e determinata ex lege (con preclusione per il giudice di intervenire nella quantificazione): dette spese forfetarie spettano automaticamente all’avvocato anche in assenza di allegazione specifica e di espressa richiesta (Cass. 4 gennaio 2024, n. 217), differenziandosi dalle spese vive, che invece devono essere documentate e richieste dell’avvocato (le spese vive e documentate non possono essere incluse nella percentuale additiva del rimborso spese generali: Cass. 7 luglio 2020, n. 15985).
La voce “spese forfetarie”, prevista da una fonte primaria (e cioè la richiamata legge n247/2012) e dal conseguente articolato parametrico di cui al d.m. n. 55/2014 (e successive modificazioni), costituisce un parametro di riferimento vincolante per il giudice nella liquidazione giudiziale del compenso ma anche per le parti: costituisce compenso per l’avvocato, atteso che i parametri costituiscono indicatori di valore economico medio della prestazione professionale; le “spese forfetarie” sono quindi una componente del compenso dell’avvocato e non rientrano fra gli “oneri accessori”.
La legge n. 49/2023 sull’equo compenso prevede all’art. 3 che “Sono nulle le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata […] sono tali le pattuizioni di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o collegi professionali, fissati con decreto ministeriale, o ai parametri determinati con decreto del Ministro della giustizia ai sensi dell’art. 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247”.
La riportata normativa distingue, quindi, i parametri previsti per gli avvocati da quelli previsti per gli altri liberi professionisti. Infatti, come innanzi evidenziato, sia la norma primaria della legge n. 247/2012, che i decreti ministeriali di quantificazione della percentuale, prevedono per l’avvocato un compenso maggiorato del 15% per spese forfetarie, con preclusione al giudice di intervenire sulla quantificazione (riduzione e/o aumento) dopo il d.m. n. 147/2022. La maggiorazione del compenso del 15% non fa venire meno la natura di compenso alla maggiorazione, atteso che si tratta sempre dello stesso compenso, maggiorato (allo stato del 15%), tant’è che le spese vive e documentate non possono essere incluse nella percentuale additiva del rimborso spese generali (Cass. 7 luglio 2020, n. 15985).
Da quanto sin qui dedotto consegue che, sulla base di una interpretazione logico-sistematica della disciplina di cui all’art. 13, comma 10, legge n. 247/2012 e al d.m. n.55/2014 (e successive modificazioni) e della legge n. 49/2023 sull’equo compenso, l’eventuale riduzione della percentuale del 15% stabilita dal decreto ministeriale per le spese forfetarie dell’avvocato – percentuale quantificata ex lege – determina un ribasso del “compenso” parametrico dell’avvocato, con conseguente violazione della disciplina dell’equo compenso di cui alla legge n. 49/2023.
Le recenti sentenze del Tar Veneto n. 632/2024 e del Tar Lazio n. 8580/2024 hanno affermato la natura di norma imperativa della disciplina di cui alla legge n. 49/2023, come desumibile sia dalla disciplina della nullità di protezione, sia dalla natura dell’interesse protetto (SS. UU. n. 8472/2022) ex art. 36 Cost. e sia dai principi di imparzialità e buon andamento ex art. 97 Cost.; le stesse hanno altresì motivatamente ritenuto infondate le questioni pregiudiziali relative ad un asserito contrasto con la disciplina eurounitaria con riferimento gli artt. 49, 56, 101 TFUE, con la direttiva 2006/123/CE e con la libertà di stabilimento, di prestazione di servizi, di libera concorrenza, nonché con la disciplina costituzionale interna con riferimento con gli artt. 3, 41, 81, 117 Cost. ed ai principi di ragionevolezza, proporzionalità e incremento spesa pubblica; infine le citate decisioni dei giudici amministrativi hanno ritenuto illegittime in sede di gara offerte al ribasso sulla voce dei compensi relativa al prezzo (con possibili ribassi solo sulle spese ed oneri accessori) con riferimento però non già alla professione di avvocato, ma a quella di ingegnere ed architetto, per i quali vige una diversa disciplina parametrica (innanzi evidenziata) in cui tra l’altro non è prevista la voce “spese forfetarie”, ma solo la voce spese vive.
Consiglio nazionale forense, parere n. 38 del 28 giugno 2024
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 38 del 28 Giugno 2024- Consiglio territoriale: COA Torino, delibera (quesito)
0 Comment