Qualsiasi somma corrisposta all’avvocato ed estranea al compenso professionale, deve essere custodita nel rispetto di precise regole. In particolare, al fine di evitare che si verifichino situazioni ambigue e poco trasparenti che potrebbero nuocere all’immagine dell’avvocatura, è necessario che la gestione del denaro avvenga sulla base di istruzioni scritte e ben definite (art. 30, co. 4, cdf), a prescindere dalla richiesta della parte assistita: la ratio di una disciplina così rigorosa nasce, evidentemente, dalla volontà del Legislatore di evitare che la disponibilità del denaro nelle mani dell’Avvocato sia “libera ed incontrollata”, al punto da potersi concretizzare abusi di tale situazione in danno del rapporto fiduciario che si instaura tra difensore e cliente ed in spregio delle eccezionali condizioni per cui l’Avvocato entra in possesso di tali somme (la sua qualifica professionale), senza contare il rischio patrimoniale che la confusione indotta dalla allocazione delle somme in rapporti non immediatamente riconducibili al cliente, possono produrre.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Standoli), sentenza n. 86 del 9 maggio 2023
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 86 del 09 Maggio 2023 (respinge) (avvertimento)- Consiglio territoriale: CDD Trieste, delibera del 07 Novembre 2018 (sospensione)
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