L’accordo di determinazione del compenso professionale tra l’avvocato e il suo cliente deve rivestire la forma scritta a pena di nullità ex art. 2233 cc, che non può ritenersi abrogata dall’art. 13, comma 2, L. n. 247/2012, lì dove ha stabilito che “il compenso spettante al professionista è pattuito di regola per iscritto all’atto del conferimento dell’incarico professionale”, poiché la novità legislativa, lasciando impregiudicata la prescrizione contenuta nell’art. 2233, ult. comma, c.c., ha inteso disciplinare non la forma del patto, che resta quella scritta a pena di nullità, ma solo il momento in cui stipularlo, che di regola è quello del conferimento dell’incarico professionale. Conseguentemente: 1) tanto la proposta quanto l’accettazione devono rivestire la forma scritta, non essendo all’uopo sufficiente un comportamento concludente, né la scrittura in parola può essere sostituita da mezzi probatori diversi, come una dichiarazione di quietanza ovvero una fattura; 2) la prova per presunzioni semplici (art. 2729 c.c.) è ammissibile, al pari della testimonianza, soltanto nell’ipotesi, prevista dagli artt. 2725 e 2724 n. 3 c.c., di perdita incolpevole del documento (Nel caso di specie, il compenso professionale era stato determinato con delibera societaria, a cui l’avvocato aveva poi aderito, dando esecuzione al mandato ed emettendo la relativa fattura, ma senza formalizzare l’accettazione. In applicazione del principio di cui in massima, la Corte ha escluso l’esistenza di un valido accordo sul compenso).
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