Il diritto di difesa non scrimina l’illiceità deontologica di espressioni esorbitanti, perché non pertinenti né necessarie a sostenere la tesi adottata, gratuitamente offensive nei confronti del collega, e palesemente ispirate da un ardore vendicativo, che non è infatti aderente ai generali doveri di probità, dignità e decoro ai quali l’avvocato deve comunque conformarsi (Nel caso di specie, nei propri atti difensivi l’incolpato aveva trattato sprezzantemente il collega avversario, descrivendolo come un “professionista incapace, riuscito ad avere accesso alla professione con metodi non leciti e screditanti”).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Giraudo), sentenza n. 209 dell’11 novembre 2022
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 209 del 11 Novembre 2022 (respinge) (avvertimento)- Consiglio territoriale: COA, delibera
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