Affinché possa dirsi rispettato il canone deontologico posto dall’art. 24 cdf (già art. 37 codice previgente) non solo deve essere chiara la terzietà dell’avvocato, ma è altresì necessario che in alcun modo possano esservi situazioni o atteggiamenti tali da far intendere diversamente. La suddetta norma, invero, tutela la condizione astratta di imparzialità e di indipendenza dell’avvocato – e quindi anche la sola apparenza del conflitto – per il significato anche sociale che essa incorpora e trasmette alla collettività, alla luce dell’id quod plerumque accidit, sulla scorta di un giudizio convenzionale parametrato sul comportamento dell’uomo medio, avuto riguardo a tutte le circostanze e peculiarità del caso concreto, tra cui la natura del precedente e successivo incarico.
Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Corona), sentenza n. 170 del 23 settembre 2020
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 170 del 23 Settembre 2020 (respinge) (sospensione)- Consiglio territoriale: CDD Venezia, delibera del 23 Giugno 2017 (sospensione)
- Decisione correlata: Corte di Cassazione n. 7030 del 12 Marzo 2021 (respinge)
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