L’avvocato che sistematicamente, e non occasionalmente, si avvale di procacciatori e/o intermediari trasformando lo studio professionale in un vero e proprio terminale affaristico, in cui gli incarichi confluiscono senza alcun contatto con i clienti, risponde della violazione dell’art. 37 C.D., con l’aggravante, ai fini della determinazione della sanzione, di aver dimostrato, nel corso del procedimento disciplinare, di non aver percepito il disvalore non solo deontologico ma essenzialmente etico del proprio comportamento e la mortificazione arrecata all’immagine dell’avvocatura.
Consiglio distrettuale di disciplina di Napoli (pres. Amodio, rel. Aucelli), decisione n. 7 del 19 giugno 2019
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