Nell’autonomia riconosciuta dall’Ordinamento per la definizione dell’illecito deontologico, lo stesso ben può sussistere pur non costituendo illecito né civile né penale. Infatti, le ragioni e i principi che presiedono al procedimento disciplinare hanno ontologia diversa rispetto a quelli che attengono al governo dei diritti soggettivi, riguardando la condotta del professionista quale delineata attraverso l’elaborazione del codice deontologico forense e quale risultante dal dovere di correttezza e lealtà che deve informare il comportamento dello stesso; diversi sono i presupposti e le finalità che sottendono all’esercizio disciplinare e che con il provvedimento amministrativo si perseguono; diversa è l’esigenza di moralità che è tutelata nell’ambito professionale. L’illiceità disciplinare del comportamento posto in essere dal professionista deve, infatti, essere valutata solo in relazione alla sua idoneità a ledere la dignità e il decoro professionale, a nulla rilevando anche l’eventualità che tali comportamenti non siano configurabili anche come illeciti civili.
Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Di Campli), sentenza n. 193 del 19 dicembre 2019
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 193 del 19 Dicembre 2019 (respinge) (sospensione)- Consiglio territoriale: CDD Milano, delibera del 07 Novembre 2016 (sospensione)
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