Il compenso per l’attività posta in essere deve essere computato alla stregua della tariffa professionale ratione temporis vigente, e, al tempo stesso, deve essere pur sempre proporzionato alla reale consistenza ed all’effettiva valenza professionale espletata. In particolare, il compenso può ritenersi sproporzionato od eccessivo ex art. 43 C.D. (ora art. 29 nuovo CDF) solo al termine di un giudizio di relazione condotto con riferimento a due termini di comparazione, ossia l’attività espletata e la misura della sua remunerazione da ritenersi equa; solo una volta che sia stato quantificato l’importo ritenuto proporzionato, può essere formulato il successivo giudizio di sproporzione o di eccessività, che presuppone che la somma richiesta superi notevolmente l’ammontare di quella ritenuta equa.
Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Masi), sentenza n. 83 del 18 settembre 2019
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 83 del 18 Settembre 2019 (accoglie) (assoluzione)- Consiglio territoriale: COA Parma, delibera del 20 Dicembre 2014 (avvertimento)
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