Iscrizione all’albo e compatibilità tra la professione forense e lo status religioso (di avvocato in altro Stato membro)

L’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica, dev’essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, la quale vieta a un avvocato avente lo status di monaco, iscritto come avvocato presso l’autorità competente dello Stato membro di origine, di iscriversi presso l’autorità competente dello Stato membro ospitante al fine di esercitare ivi la sua professione utilizzando il suo titolo professionale di origine, a causa dell’incompatibilità tra lo status di monaco e l’esercizio della professione forense, che detta normativa prevede (Nel caso di specie, trattavasi di domanda di iscrizione all’albo degli avvocati di Atene, presentata da un monaco, già avvocato in altro Stato membro).

Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza del 7 maggio 2019 (C-431/17)

NOTA:
In arg. cfr. pure le Conclusioni dell’Avvocato Generale del 19 dicembre 2018.
Con specifico riferimento alla (nuova) normativa interna, v. anche Consiglio nazionale forense (rel. Salazar), parere del 13 febbraio 2019, n. 18, secondo cui “non sussiste ad oggi l’incompatibilità tra esercizio della professione forense e qualità di ministro del culto cattolico con cura d’anime, salva restando l’osservanza dei doveri deontologici di cui all’art. 3 della legge n. 247/12 e al Codice deontologico forense“.

Classificazione

- Decisione: del 07 Maggio 2019
varie

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