Le previsioni del codice deontologico forense hanno natura di fonte meramente integrativa dei precetti normativi e si possono legittimamente ispirare a concetti diffusi e generalmente compresi dalla collettività. Ne consegue che, al fine di garantire l’esercizio del diritto di difesa all’avvocato incolpato in sede disciplinare, è necessario che gli venga contestato il comportamento ascritto come integrante la violazione deontologica e non già il nomen iuris o la rubrica della ritenuta infrazione: il giudice disciplinare è libero d’individuare l’esatta configurazione della violazione tanto in clausole generali, quanto in diverse norme deontologiche o finanche di ravvisare un fatto disciplinarmente rilevante in condotte atipiche non previste da dette norme-
Corte di Cassazione (pres. Petitti, rel. Perrino), SS.UU, sentenza n. 8313 del 25 marzo 2019
Classificazione
- Decisione: Corte di Cassazione, sentenza n. 8313 del 25 Marzo 2019 (respinge)- Decisione correlata: Consiglio Nazionale Forense n. 109 del 12 Settembre 2018
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