All’uopo si ritiene di potere puntualizzare:
a) Sulla questione si è ritenuto in passato (con riferimento a fattispecie che non involgevano l’interpretazione del criterio dettato dall’art. 5, comma 3°, del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, attualmente vigente) che andrebbe considerata di valore indeterminabile la controversia introdotta innanzi al giudice amministrativo per l’annullamento di un atto, qualora la causa petendi della domanda sia la illegittimità dell’atto e il petitum la sua eliminazione, senza che rilevino gli eventuali risvolti patrimoniali; ciò in quanto, si è detto, l’interesse alla legittimità degli atti amministrativi non è di norma riducibile ad un’espressione pecuniaria;
b) In effetti, le disposizioni tariffarie succedutesi nel tempo riflettono la tradizionale difficoltà di stabilire un criterio certo ed univoco nella individuazione del valore delle controversie amministrative riguardanti la tutela di interessi legittimi; questione incisa anche dal nuovo contesto, giurisprudenziale e normativo, che ha visto crollare il dogma dell’irrisarcibilità del pregiudizio inerente a posizione di interesse legittimo;
c) E’ un dato di fatto che il contenzioso dinanzi al giudice amministrativo, originato dalla domanda di annullamento dell’atto ritenuto lesivo di un interesse legittimo, presenta -come osservato dalla giurisprudenza amministrativa- “connotazioni molto differenziate, in funzione del tipo di provvedimento contestato e della sua effettiva incidenza su interessi suscettibili di immediata valutazione patrimoniale” e che sovente “non è affatto agevole individuare il “bene della vita” inciso dal provvedimento amministrativo ed ancora più difficile risulta misurare l’effettiva connessione tra il potere amministrativo e l’interesse economico posto a base della domanda” (così, in particolare, Cons. Stato, sez. V, 7.11.2007, n. 5751). Ed è appunto da tale difficoltà che origina l’orientamento interpretativo sub a);
d) Il dato che il raffronto tra le varie disposizioni tariffarie succedutesi nel tempo ci consegna impone, però, di non fermarsi alla considerazione del petitum formale di annullamento (che costituisce il mezzo attraverso cui l’interessato può fare valere interessi sostanziali spesso assai differenziati ed eterogenei) e di verificare se il petitum di annullamento si colleghi, o meno, a un interesse patrimoniale e se esso “misurabile” in modo attendibile;
e) L’orientamento tradizionale della giurisprudenza sub a (formatisi nella vigenza di disposizioni tra loro diverse, comunque anteriori a quella ora vigente) dell’irrilevanza del profilo patrimoniale della controversia, di là dalla evoluzione del contesto normativo di riferimento, deve tenere conto che l’art. 5, comma 3°, del D.M. n. 55/2014 ha inteso rafforzare, ai fini della determinazione del valore della controversia nel giudizio amministrativo, la considerazione del profilo patrimoniale della controversia quando ha fatto riferimento non semplicemente allo “interesse sostanziale che il cliente intende perseguire” (nella liquidazione a carico del cliente) e dello “interesse sostanziale che riceve tutela attraverso la decisione” (nella liquidazione a carico del cliente), bensì “all’entità economica” di detto interesse sostanziale (dettando, conseguenzialmente, un criterio ad hoc per le controversie in materia di pubblici contratti, in relazione alle quali con maggiore frequenza statistica la questione delle determinazione del valore della controversia si pone nel contenzioso amministrativo);
f) Ne deriva, allora, il superamento dell’orientamento giurisprudenziale sub a come criterio rigido ed unico di determinazione del valore della controversia nel giudizio amministrativo per l’annullamento di un atto e il suo residuale rilievo quante volte permanga, nei casi concreti, la impossibilità di verificare se il petitum di annullamento si colleghi o meno ad un interesse patrimoniale e se questo sia “misurabile” in modo attendibile, sulla base comunque -secondo i principi generali- di elementi di valutazione obiettivi, specifici, concreti e certi che debbono risultare precostituiti e disponibili fin dall’introduzione del giudizio.
Consiglio nazionale forense (rel. Baffa), parere del 18 aprile 2018, n. 23
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 23 del 18 Aprile 2018- Consiglio territoriale: COA Teramo, delibera (quesito)
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