Deve ritenersi disciplinarmente responsabile l’avvocato per le condotte che, pur non riguardando strictu sensu l’esercizio della professione, ledano comunque gli elementari doveri di probità, dignità e decoro (art. 9 ncdf, già art. 5 cod. prev.) e, riflettendosi negativamente sull’attività professionale, compromettono l’immagine dell’avvocatura quale entità astratta con contestuale perdita di credibilità della categoria (Nel caso di specie, il professionista veniva condannato in sede penale a tre anni e sei mesi di reclusione per falsità in atti e truffa).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Siotto), sentenza del 25 maggio 2018, n. 52
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 52 del 25 Maggio 2018 (respinge) (radiazione)- Consiglio territoriale: COA Messina, delibera del 24 Settembre 2014 (radiazione)
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