Dipendenti pubblici e incompatibilità professionali: manifestamente infondati i dubbi di contrasto con la Costituzione italiana e la normativa comunitaria

Indispensabile condizione all’esercizio della professione forense è l’indipendenza dell’avvocato rispetto ai pubblici poteri, sicché appare ragionevole e legittima -dal punto di vista costituzionale nonché comunitario- la normativa con cui uno Stato membro imponga restrizioni all’esercizio simultaneo della professione forense e dell’Impiego pubblico con il fine di conseguire l’obiettivo della prevenzione dei conflitti d’interesse, dovendo nel contempo escludersi la sussistenza di una disparità di trattamento ovvero di una discriminazione “al contrario” tra gli avvocati italiani e quelli comunitari “stabiliti” o “integrati”, dipendenti di corrispondenti amministrazioni pubbliche degli stati di appartenenza, in forza della norma italiana che prevede l’applicazione di tutte le norme nazionali sull’incompatibilità anche all’avvocato “stabilito” o “integrato”.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. De Michele), sentenza del 18 dicembre 2017, n. 209

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 209 del 18 Dicembre 2017 (respinge) (cancellazione amm.va)
- Consiglio territoriale: COA Trento, delibera del 15 Gennaio 2017 (cancellazione amm.va)
abc, Giurisprudenza CNF

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