Impugnazione e divieto di espressioni sconvenienti od offensive nei confronti del giudice

Nell’ambito della propria attività difensiva, l’avvocato deve e può esporre le ragioni del proprio assistito con ogni rigore utilizzando tutti gli strumenti processuali di cui dispone e ciò massimamente nella fase dell’impugnazione, atto diretto a criticare anche severamente una precedente decisione giudiziale e ciò rappresentando con la maggiore efficacia possibile la carenza di motivazione del provvedimento impugnato. Il diritto di critica, tuttavia, non deve mai travalicare in una censurabile deplorazione dell’operato del difensore, delle controparti e del giudicante, incontrando il limite del divieto di utilizzare espressioni sconvenienti ed offensive che violino i principi posti a tutela del rispetto della dignità della persona e del decoro del procedimento, e soprattutto del rispetto della funzione giudicante riconosciuta dall’ordinamento con norme di rango costituzionale nell’interesse pubblico, con pari dignità rispetto alla funzione della difesa.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Secchieri), sentenza del 21 novembre 2017, n. 176

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 176 del 21 Novembre 2017 (accoglie) (assoluzione)
- Consiglio territoriale: COA Patti, delibera del 30 Ottobre 2014 (avvertimento)
abc, Giurisprudenza CNF

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