Nei procedimenti disciplinari a carico di avvocati, la concreta individuazione delle condotte costituenti illecito disciplinare definite dalla legge mediante una clausola generale (abusi o mancanze nell’esercizio della professione o comunque fatti non conformi alla dignità e al decoro professionale) è rimessa al giudice della deontologia, ed il controllo di legittimità sull’applicazione di tali norme non consente alla Corte di cassazione di sostituirsi al Consiglio nazionale forense nell’enunciazione di ipotesi di illecito, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza, che attiene non alla congruità della motivazione, ma all’individuazione del precetto e rileva, quindi, ex art. 360, n. 3, c.p.c. (Nel caso di specie, in applicazione del principio di cui in massima, la Corte ha rigettato il ricorso proposto avverso Consiglio Nazionale Forense – pres. f.f. Logrieco, rel. Esposito – sentenza del 25 luglio 2016, n. 231)
Corte di Cassazione (pres. Amoroso, rel. Falaschi), SS.UU, sentenza n. 31108 del 28 dicembre 2017
Classificazione
- Decisione: Corte di Cassazione, sentenza n. 31108 del 28 Dicembre 2017 (respinge)- Decisione correlata: Consiglio Nazionale Forense n. 231 del 25 Luglio 2016
0 Comment