In tema di ricorso per cassazione avverso le decisioni emanate dal Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare, l’inosservanza dell’obbligo di motivazione su questioni di fatto integra una violazione di legge, denunciabile con ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, solo ove essa manchi del c.d. “minimo costituzionale”, ovvero si traduca in una motivazione completamente assente o puramente apparente, vale a dire non ricostruibile logicamente ovvero priva di riferibilità ai fatti di causa. Diversamente, si concreterebbe una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto l’attendibilità maggiore o minore di questa o di quella risultanza procedimentale, quanto ancora le opzioni espresse dall’organo di appello non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente a porsi dinanzi al giudice di legittimità (Nel caso di specie, in applicazione del principio di cui in massima, la Corte ha rigettato il ricorso avverso Consiglio Nazionale Forense – pres. f.f. Picchioni, rel. Sorbi, sentenza del 28 dicembre 2015, n. 217).
Corte di Cassazione (pres. Canzio, rel. Travaglino), SS.UU, sentenza n. 16690 del 6 luglio 2017
NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Corte di Cassazione (pres. Rordorf, rel. Tria), SS.UU, sentenza n. 13577 del 4 luglio 2016, Corte di Cassazione (pres. Amoroso, rel. Cirillo), SS.UU, ordinanza n. 9287 del 9 maggio 2016, Corte di Cassazione (pres. Salmè, rel. Di Blasi), SS.UU, sentenza n. 11308 del 22 maggio 2014, nonché Cass. SS.UU. n.23240/2005, n. 5072/2003.
Classificazione
- Decisione: Corte di Cassazione, sentenza n. 16690 del 06 Luglio 2017 (respinge)- Decisione correlata: Consiglio Nazionale Forense n. 217 del 28 Dicembre 2015
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