Fatta eccezione per l’attività stragiudiziale (art. 10 D.Lgs. n. 96/2001), l’avvocato stabilito deve agire di intesa con un avvocato del libero foro (art. 8 D.Lgs. n. 96/2001): in particolare, tale intesa deve risultare “da scrittura privata autenticata o da dichiarazione resa da entrambi gli avvocati al giudice adito o all’autorità procedente” (art. 8 cit.), e non deve essere depositata presso il COA né essere allegata in via preventiva alla domanda di iscrizione nella Sezione Speciale dell’Albo, giacché l’obbligo di esercitare la professione di intesa con un avvocato italiano implica che “non vi possa essere un affiancamento in via generale ad un avvocato abilitato ma che tale integrazione di poteri debba essere fornita per ogni singola procedura”. In altri termini, non è ammesso un atto di intesa preventiva, a carattere generale ed indifferenziato, poiché esso comporterebbe di fatto per l’avvocato stabilito (ed affiancato) una piena abilitazione sottraendolo al controllo dell’avvocato “affiancante” il quale non potrà, quindi, essere indicato in una dichiarazione d’intesa che non sia specificamente riferita alla singola controversia trattata.
Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Caia), sentenza del 28 luglio 2016, n. 258
NOTA:
In senso conforme, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Vermiglio, rel. Pisano), sentenza del 25 maggio 2015, n. 72.
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 258 del 28 Luglio 2016 (accoglie) (avvertimento)- Consiglio territoriale: COA Mantova, delibera del 21 Ottobre 2013 (censura)
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