In materia di sanzioni disciplinari a carico degli avvocati, l’art. 65, comma 5, della legge 31 dicembre 2012, n.247, nel prevedere, con riferimento alla nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, che le norme contenute nel nuovo codice deontologico si applicano anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli all’incolpato, riguarda esclusivamente la successione nel tempo delle norme del previgente e del nuovo codice deontologico. Ne consegue che per l’istituto della prescrizione, la cui fonte è legale e non deontologica, resta operante il criterio generale dell’irretroattività delle norme in tema di sanzioni amministrative, sicché è inapplicabile lo jus superveniens introdotto con l’art. 56, comma 3, della legge n. 247/12 (In applicazione del principio di cui in massima, la Corte ha rigettato il ricorso avverso Consiglio Nazionale Forense, pres. f.f. Picchioni – rel. Sorbi, sentenza del 23 luglio 2015, n. 128, di cui il ricorrente aveva lamentato l’asserita erroneità per mancata applicazione del comma 1 dell’art. 56 I. 247/2012, secondo cui “l’azione disciplinare si prescrive nel termine di sei anni dal fatto” e del comma 3 stesso articolo, secondo cui “in nessun caso il termine stabilito nel comma 1 può essere prolungato di oltre 1/4”, con conseguente durata massima del procedimento in anni 7, mesi 6, nella specie ampiamente decorso).
Corte di Cassazione (pres. Amoroso, rel. Chindemi), SS.UU, sentenza n. 25054 del 7 dicembre 2016
NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Corte di Cassazione (pres. Piccininni, rel. Virgilio), SS.UU, sentenza n. 15287 del 25 luglio 2016, Corte di Cassazione (pres. Rordorf, rel. Giancola), SS.UU, sentenza n. 15543 del 27 luglio 2016.
Classificazione
- Decisione: Corte di Cassazione, sentenza n. 25054 del 07 Dicembre 2016 (respinge)- Decisione correlata: Consiglio Nazionale Forense n. 128 del 23 Luglio 2015
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