La risposta è nei seguenti termini:
Per quanto attiene all’indicazione della specializzazione conseguita dopo un percorso triennale presso l’Università di Camerino, a seguito di esame, soccorre il comma 8 dell’art. 9, che prevede che “… coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge abbiano conseguito titoli specialistici universitari possono indicare il relativo titolo con le opportune specificazioni”.
É quindi consentito l’utilizzo del titolo nella carta intestata del professionista e/o negli atti giudiziari.
Per quanto attiene al secondo quesito, richiamato il parere n. 88 del 21 settembre 2011 di questa commissione, e rilevato:
– che non pare corretto l’utilizzo del termine “professionista” che evoca la figura di esercente esclusivo a titolo professionale l’attività di mediatore
– che l’art. 16, comma 4/bis recita testualmente che: “gli avvocati sono di diritto mediatori: Gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò finalizzati, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 55-bis (ora art. 62) del codice deontologico forense”.
– che con circolare del Min. Giustizia in data 27 novembre 2013 e successiva integrazione del 9 dicembre è stato espressamente previsto che gli obblighi di formazione e aggiornamento per il mediatore avvocato debbano avvenire nell’ambito dei percorsi formativi professionali forensi, la cui organizzazione è demandata al consiglio nazionale forense e agli ordini circondariali dall’art. 11 legge 31 dicembre 2012 n. 247 nonchè alle associazioni forensi ed ai terzi;
– che l’art. 62 del codice deontologico forense prevede che l’avvocato non deve assumere il ruolo di mediatore senza adeguata competenza:
– che con circolare n. 6 del 21 febbraio 2014 il Consiglio Nazionale Forense ha dettato le linee guida per l’assolvimento degli obblighi formativi del mediatore iscritto ad un organismo di mediazione;
– che in tale contesto non può negarsi che la funzione di mediatore possa favorevolmente caratterizzare la professione di avvocato, ancorché non tipica della stessa, alla luce degli obblighi formativi imposti.
– che nell’ambito dell’informazione sull’attività professionale di cui all’art. 17 c.d. pare consentita l’indicazione di funzioni (che presuppongono una particolare attività di formazione) che hanno attinenza con l’esercizio della professione forense e non le sono, comunque, estranee;
– che l’indicazione non è fuorviante attenendo al possesso di una specifica competenza e/o abilitazione a conferma di una capacità professionale alla cui comunicazione a terzi non può attribuirsi, a priori, alcun fine decettivo; e aggiunge comunque un quid pluris lecito all’ immagine dell’avvocato, rivelando una particolare competenza ed esperienza che vanno a vantaggio del cliente consentendogli una più approfondita valutazione dei propri interessi nell’ambito di una procedura di mediazione;
questa commissione ritiene che l’informazione circa il possesso della qualifica di mediatore abilitato ai sensi del D. Lgs. n. 28/2010 non pare, di per sé, confliggere con l’art. 17 del Nuovo Codice Deontologico Forense, a condizione che detta qualifica venga indicata nei termini seguenti: “mediatore abilitato ai sensi del D. Lgs. n. 28/2010”.
Consiglio nazionale forense (rel. Secchieri), 22 giugno 2016, n. 73
Quesito n. 187, COA di Rieti
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 73 del 22 Giugno 2016- Consiglio territoriale: COA Rieti, delibera (quesito)
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