La contestazione dell’addebito disciplinare non deve necessariamente indicare le norme deontologiche violate

La contestazione disciplinare nei confronti di un avvocato, che sia adeguatamente specifica quanto all’indicazione dei comportamenti addebitati, non richiede nè la precisazione delle fonti di prova da utilizzare nel procedimento disciplinare, nè la individuazione delle precise norme deontologiche che si assumono violate, dato che la predeterminazione e la certezza dell’incolpazione può ricollegarsi a concetti diffusi e generalmente compresi dalla collettività.

Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Florio), sentenza del 12 dicembre 2013, n. 202
NOTA:
In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Perfetti, Rel. Piacci), sentenza del 29 novembre 2012, n. 177; Consiglio Nazionale Forense (Pres. ALPA – Rel. BERRUTI), sentenza del 15 ottobre 2012, n. 142; Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Salazar, Rel. Salazar) 20 aprile 2012, n. 68; CNF sentenza n. 128 del 27/11/2009; Consiglio Nazionale Forense (pres. DANOVI, rel. OPERAMOLLA), sentenza del 3 marzo 2005, n. 41.

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 202 del 12 Dicembre 2013 (respinge) (cancellazione)
- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera del 29 Settembre 2011 (cancellazione)
- Decisione correlata: Corte di Cassazione n. 3023 del 09 Febbraio 2015 (accoglie)
Giurisprudenza CNF

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