In primo luogo si osserva, sia pure incidentalmente, che l’attività oggetto del contratto, attinente alla consulenza legale stragiudiziale, rientra nell’ambito di operatività della riserva di attività posta, in favore dell’avvocato, dall’art. 2, comma 6, della legge n. 247/12: dunque, più opportunamente, essa avrebbe dovuto dare luogo a specifico contratto di consulenza.
In ogni caso, già con altro parere reso nel luglio del 2012 veniva affrontata la questione della natura del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, con il quale si introduceva una nuova forma di rapporto lavorativo, alternativa al rapporto di lavoro dipendente, spesso elusiva del rapporto di lavoro subordinato, avente tutte le caratteristiche di fatto del rapporto di dipendenza, ma senza rispettarne le tutele e la disciplina giuridica. Tale tipo di contratto venne con la cd. Legge n. 30/2003 (cd. Legge Biagi) sostituito dal contratto di collaborazione a progetto, che a differenza del predecessore aveva una durata prefissata ed era assoggettato ai fini fiscali alle regole stabilite per il lavoro autonomo. Dalla richiesta si evince che se pure definito “contratto di collaborazione coordinata e continuativa”, il rapporto si individuerebbe in concreto, stante la durata prefissata (tempo determinato) e la specificità dell’oggetto (materia contrattuale nell’istruttoria di bandi e nell’espletamento di gare) in un rapporto coordinato e continuativo a progetto, assimilabile, pertanto, ad attività di lavoro autonomo.
Con l’entrata in vigore della L. n. 247/12 si è introdotta un’ulteriore ipotesi di incompatibilità, attinente a qualsiasi attività di lavoro autonomo svolta in maniera continuativa o professionale, con esclusione di quelle aventi carattere scientifico, letterario, artistico e culturale. È chiaro allo scrivente che non sia la natura dell’Ente a caratterizzare la prestazione di lavoro autonomo, ma occorra analizzare l’oggetto della prestazione al fine di determinarne la natura della stessa. Ne consegue che non tutti i rapporti di lavoro autonomo svolti in maniera continuativa con un Ente avente finalità/natura scientifica e/o letteraria (ad es. l’Accademia della Crusca) hanno, di per sé, solo natura letteraria e/o scientifica, ben potendo in concreto l’oggetto della prestazione avere natura diversa da quella perseguita in via principale dall’Ente (ed es. marketing, consulenza fiscale ecc.), con la conseguenza di provocare l’incompatibilità di cui all’art. 18, n.1 lett. a, L. n. 247/12.
In risposta al quesito si deve, in primo luogo, ribadire che spetta esclusivamente al Consiglio territoriale la decisione sull’iscrizione ovvero sulla cancellazione per incompatibilità dagli Albi, operata valutando caso per caso la reale natura del rapporto lavorativo. Il Consiglio, al fine di operare la precedente valutazione, dovrà desumere dal contratto l’oggetto e il carattere della prestazione, e ciò in quanto “la professione di avvocato è incompatibile: a) con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente”, risultando pertanto incompatibili con l’iscrizione nell’Albo le attività di lavoro autonomo “altre”, cioè diverse da quelle tipiche dell’avvocato.
Consiglio Nazionale Forense (rel. Morlino), parere 23 ottobre 2013, n. 110
Quesito 320, COA di Barcellona Pozzo di Gotto
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 110 del 23 Ottobre 2013- Consiglio territoriale: COA Barcellona Pozzo di Gotto, delibera (quesito)
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