I doveri di probità, dignità e decoro che l’avvocato deve attuare e rispettare prescindono dalla produzione o meno di un danno, in quanto attengono all’onorabilità ed al rispetto che gli iscritti devono non solo a se stessi, quali professionisti, ma all’intera classe cui appartengono. Pertanto è irrilevante ai fini della sussistenza dell’illecito disciplinare l’eventualità che il comportamento contrario a detti doveri non abbia provocato danni al cliente, alla controparte o all’ordinario svolgimento dell’attività professionale, posto che la funzione del procedimento disciplinare trascende gli interessi dei privati coinvolti e persegue l’interesse della categoria al corretto esercizio della professione.
Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Broccardo), sentenza del 2 settembre 2013, n. 148
NOTA:
In senso conforme:
– Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Pisano), sentenza del 22 luglio 2011, n. 123
– Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Del Paggio), sentenza del 18 maggio 2009, n. 37
– Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Cricrì, rel. Pace), sentenza del 15 luglio 2004, n. 179
– Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Danovi, rel. Bonzo), sentenza del 23 novembre 2000, n. 190
– Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Cagnani, rel. Gazzara), sentenza del 12 novembre 1994, n. 105
– Consiglio Nazionale Forense (pres. Ricciardi, rel. Di Lauro), sentenza del 17 giugno 1992, n. 83
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 148 del 02 Settembre 2013 (respinge) (censura)- Consiglio territoriale: COA Trani, delibera del 21 Ottobre 2010 (censura)
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