Il D.P.R. n. 101/90 non ha abrogato il secondo comma dell’art. 24 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, in forza del quale «presso gli uffici della Avvocatura dello Stato può essere compiuta la pratica forense per l’esercizio delle professioni di avvocato e di procuratore».
Invero le disposizioni del D.P.R. 101/90 sono state introdotte nell’ordinamento in virtù della previsione di cui all’art. 2 secondo comma della legge 24 giugno 1988, n. 242. Un’attenta lettura di questa norma induce a ritenere che il legislatore ha inteso accordare all’esecutivo la competenza a condurre nuove norme dirette a determinare gli aspetti concernenti le modalità attuative della pratica e l’accertamento del suo effettivo svolgimento, lasciando inalterata la precedente normativa per ciò che concerne i soggetti legittimati a presiedere alla formazione dei praticanti procuratori che in coerenza con l’intento del legislatore, l’art. 1 secondo comma D.P.R. 101/90 ha stabilito che la pratica forense si svolge principalmente (e non dunque esclusivamente) presso lo studio e sotto il controllo di un procuratore legale, e il successivo art. 10 ha specificamente indicato le norme precedenti abrogate, senza includere, fra di esse l’art. 24 del R.D. 1611/33.
Né sussiste alcuna ragione di abrogazione per incompatibilità fra il secondo comma dell’art. 24 e la normativa introdotta dal D.P.R. 101/90. Non si può considerare l’Avvocatura dello Stato soggetto inidoneo ad accogliere nei propri uffici i laureati praticanti, in quanto le attività svolte in quegli uffici non consentirebbero al praticante di acquisire tutte le indispensabili cognizioni ed esperienze proprie della professione forense. Infatti accade nella realtà che, il procuratore o l’avvocato che accoglie il praticante può occuparsi prevalentemente o esclusivamente di questioni attinenti al diritto civile, o al diritto penale o al diritto amministrativo, ma non per questo si può inferire che egli sia un soggetto inidoneo all’esercizio della pratica, tanto più che esistono strumenti alternativi o integrativi previsti dal D.P.R. n. 101/90, quali la frequenza per un periodo non superiore a un anno di uno dei corsi postuniversitari previsti dall’art. 18 R.D.L. n. 1578/33, la frequenza di corsi integrativi biennali di formazione professionale istituiti dai Consigli dell’ordine (art. 3 D.P.R. n. 101/90) e quale ancora l’abilitazione al patrocinio (legge 24 luglio 1985, n. 406 e art. 8 del D.P.R. 101/90). (Accoglie ricorso)
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Landriscina, rel. Landriscina), sentenza del 13 aprile 1993, n. 53
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 53 del 13 Aprile 1993 (accoglie)- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera del 13 Aprile 1992
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