È stato chiesto a questa Commissione di esprimere parere circa l’applicabilità immediata dell’art. 56 della L. n. 247/2012 che disciplina la prescrizione dell’azione disciplinare.

L’opinione della Commissione è che la norma non sia di applicazione immediata, quest’ultima dipendendo dall’entrata a regime del nuovo sistema disciplinare.
Ciò per le ragioni che seguono.
La disposizione disegna un nuovo volto della prescrizione, anzitutto, aumentando da cinque a sei anni il termine oltre il quale si estingue il potere disciplinare (comma 1).
Secondariamente, prevede che nel caso di condanna penale per reato non colposo, la prescrizione per la riapertura del giudizio disciplinare ai sensi dell’art. 55 è di due anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna (comma 2).
Poi, tipizza gli atti che hanno efficacia interruttiva, limitandoli a tre: (i) la comunicazione all’iscritto della notizia dell’illecito, (ii) la notifica della decisione del consiglio distrettuale di disciplina, (iii) la notifica della sentenza pronunciata su ricorso dal CNF (comma 3, primo periodo). Stabilisce che da ogni atto interruttivo decorra un nuovo periodo di prescrizione, che però non è di sei anni, ma di cinque (comma 3, secondo periodo). Infine, prevede che in nessun caso, pur in presenza di più atti interruttivi, il termine di sei anni può essere prolungato di oltre un quarto (comma 3, quarto periodo).
Ciò posto, l’applicabilità immediata della nuova disposizione non si può giustificare con l’ipotetico argomento del cd. favor rei.
Intanto perché il comma 1 introduce sicuramente disposizione meno favorevole per l’incolpato dato che aumenta, in luogo di diminuire, la durata della prescrizione, così protraendo il tempo entro cui il consiglio distrettuale di disciplina può esercitare l’azione.
Secondariamente, perché il principio del cd. favor rei è regola di portata generale operante nel processo penale, mentre quello disciplinare di cd. primo grado non è un processo, ma un procedimento amministrativo. La norma, poi, dell’art. 65, co. 5, ultimo periodo, secondo cui “(…) le norme contenute nel codice deontologico (quello nuovo da emanare entro un anno: N.d.R.) si applicano anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli all’incolpato” conferma che là dove il legislatore ha inteso rendere applicabile immediatamente regole più favorevoli, l’ha esplicitamente previsto (ubi voluit dixit).
Conclusione confermata dall’art. 63, co. 2, ove si stabilisce che i nuovi poteri ispettivi del CNF di cui al primo comma, “(…) possono essere esercitati per quanto riguarda i procedimenti in corso (…)”; il che rende chiaro che nella prospettiva del legislatore è necessaria una previsione espressa di applicabilità immediata di nuovi istituti. Come, infine, conferma l’art. 48 che introduce una disciplina transitoria per la pratica professionale a tenore della quale la nuova durata del tirocinio (18 mesi) è applicabile anche a quelli in corso, ma ciò solo perché è espressamente previsto.
Detto questo, la norma dell’art. 56 non può applicarsi nel suo complesso nell’immediato perché è parte integrante del quadro del nuovo procedimento disciplinare rispetto al quale non vive di vita autonoma.
In questo senso è particolarmente significativa la disposizione del secondo comma che detta regola a proposito della prescrizione per la riapertura del procedimento disciplinare ai sensi dell’art. 55, norma alla quale, perciò, si lega intimamente.
Quale conseguenza dell’autonomia di procedimento disciplinare e penale (art. 54, co. 1) declinata nel senso che la pendenza del secondo non produce effetti sul primo anche quando – è dato ritenere – l’ontologia dell’illecito disciplinare dipenda dalla statuizione sul fatto/reato (diversamente da ora, allorché la sospensione necessaria del procedimento disciplinare è funzionale a regolare proprio questa interferenza), l’art. 55 ipotizza il caso di un procedimento penale che abbia escluso o, per converso, accertato il fatto/reato per il quale l’incolpato sia stato, in precedenza, rispettivamente condannato, ovvero prosciolto in sede disciplinare con provvedimento definitivo. In tal caso ipotizza la possibilità di riaprire il procedimento disciplinare ad opera dello stesso Consiglio distrettuale di disciplina che lo aveva definito. Tale riapertura, dunque, e la conseguente nuova prescrizione della relativa azione, è strettamente dipendente (costituendone forma di bilanciamento) dalla già vista statuizione di non interferenza tra procedimento penale e disciplinare che costituisce una novità peculiare della normativa. In buona sostanza tutte le norme esaminate legandosi l’un l’altra fanno parte di un sistema integrato che presuppone il nuovo quadro disciplinare e, non per ultimo, il nuovo organo depositario del relativo potere.
Se per i motivi anzidetti non può sostenersi l’applicabilità immediata dei commi 1 e 2, non sarebbe giustificata quella del solo comma 3, penultimo periodo, laddove si afferma che, ad onta della pluralità degli atti interruttivi, “(…) in nessun caso il termine stabilito nel comma 1 può essere prolungato di oltre un quarto”. Infatti, la nuova durata massima della prescrizione così prevista è calibrata sul termine di sei anni oggetto di una previsione che – per come si è sopra visto – non opera nell’immediato, onde l’inapplicabilità della prima deriva da quella della seconda.
Quanto detto non toglie che, entrato in vigore il nuovo sistema disciplinare, le norme sulla prescrizione non trovino immediata applicazione anche ai procedimenti in corso trattandosi, appunto, di situazioni in corso di effetto su cui può appuntarsi lo ius superveniens.

Consiglio Nazionale Forense (rel. Perfetti), parere 10 aprile 2013, n. 29

Quesito n. 227 bis,

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 29 del 10 Aprile 2013
- Consiglio territoriale: COA, delibera (quesito)
abc, Prassi: pareri CNF

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