La RAI – rientrando fra gli enti strutturati come società per azioni, pur connotati da caratteri pubblicistici in relazione alle funzioni svolte, ai vincoli posti alla loro attività, ai controlli su di essi esercitati da organi dello Stato ed all’appartenenza o alla provenienza pubblica del loro capitale – non può essere inclusa fra gli enti (pubblici) per i cui dipendenti l’art. 3 del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578 prevede una deroga al principio dell’ incompatibilità dell’esercizio della professione di avvocato e procuratore con la qualità di impiegato; né rileva in contrario che la legge 6 agosto 1990 n. 223 (sulla disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato) qualifichi la stessa RAI “concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo”, nonché “società d’interesse nazionale ai sensi dell’art. 2461 del codice civile”, e che l’art. 5 della legge 9 febbraio 1982 n. 31 (regolante la libera prestazione di servizi da parte di avvocati cittadini di stati membri delle comunità europee) estenda la disposizione dell’ art. 3, quarto comma, lett. b), della legge professionale “agli avvocati legati da un contratto di lavoro ad un ente pubblico o privato, corrispondente, nello stato di provenienza, a quelli indicati nella citata lettera b)”, restando altresì escluso che l’art. 3 del R.D.L. del 1933, interpretato nel senso suesposto, contrasti con gli artt. 3, 4, 11, 24, 41 e 97 della Costituzione.
Cassazione Civile, sentenza del 09 dicembre 1992, n. 13005, sez. U- Pres. Santosuosso F- Rel. Longo GE- P.M. Grossi M (Conf)
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