Costituiscono gravi violazioni dei doveri di lealtà, correttezza e diligenza, e giustificano quindi la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione (nel caso di specie, per mesi quattro), i comportamenti dell’avvocato che abbia prodotto in giudizio come prova una lettera riservata speditagli da un collega e che altresì abbia, nei rapporti con il proprio cliente, omesso di notificare un ricorso in appello, con pedissequo decreto di fissazione di udienza, provvedendo quindi successivamente a redigere un secondo atto di appello quando ormai la sentenza di prima cura era già passata in giudicato (con tentativo di simulazione e, dunque, di grave slealtà verso il cliente). (Accoglie parzialmente ricorso contro decisione Consiglio Ordine Torino, 14 dicembre 1989).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Ricciardi, rel. Ballardini), sentenza del 29 aprile 1992, n. 60
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 60 del 29 Aprile 1992 (accoglie)- Consiglio territoriale: COA Torino, delibera del 10 Gennaio 2019
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