In tema di sanzioni disciplinari nei confronti degli avvocati, viola l’art. 50, comma quarto, R.d.l. n. 1578 del 1933 – che attribuisce al C.N.F. il potere di infliggere al professionista, già condannato dal Consiglio dell’ordine di appartenenza, “una pena disciplinare più grave per specie e durata, di quella inflitta dal Consiglio dell’ordine, soltanto se vi è il ricorso incidentale del P.M. -, la sentenza del C.N.F. che, nell’escludere la responsabilità disciplinare per uno dei due fatti addebitati al professionista e nel determinare nuovamente la sanzione da infliggere all’incolpato per il solo fatto per cui viene affermata la sua responsabilità, riduca la sanzione in misura non proporzionale e – perciò – inferiore alla metà, pur tenendo fermo il giudizio di maggiore gravità del fatto rispetto al quale la responsabilità è stata esclusa (Fattispecie relativa a giudizio disciplinare per tentata truffa del cliente e per contraffazione del certificato dell’Ufficio giudiziario riguardante il campione penale, nel corso del quale il professionista, condannato dal consiglio locale in ordine ai due fatti alla pena disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per mesi nove, era stato assolto da quello ritenuto più grave, riguardante la tentata truffa in danno del cliente, dal C.N.F., che aveva rideterminato la sanzione in mesi sei di sospensione, così diminuendo la pena complessiva di soli mesi tre di sospensione).
Cassazione Civile, sentenza del 11 marzo 2004, n. 5039, sez. U- Pres. Ianniruberto G- Rel. Lupo E- P.M. Martone A (Diff.)
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