Procedimento disciplinare: il PM che è parte ed esponente

In tema di procedimento disciplinare nei confronti di avvocati, non costituisce causa di incompatibilità a procedere disciplinarmente da parte del Consiglio dell’ordine territorialmente competente il fatto che parte necessaria del procedimento stesso sia il P.M. della Procura della Repubblica presso il tribunale che ha dato origine all’iniziativa disciplinare per fatti di rilevanza penale su cui la Procura procede e che investono come parte lesa un magistrato del medesimo ufficio (come nella specie, a seguito di espressioni offensive proferite da un legale nei confronti del P.M. d’udienza alla lettura del dispositivo di condanna penale dell’imputato), giacché, in assenza di previsione normativa specifica (presente invece nel diverso caso concernente il potere disciplinare da esercitarsi su un membro stesso del Consiglio dell’ordine, ai sensi dell’art. 38 del r.d.l. n. 1578 del 1933), spetta al legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità ed all’esito di un delicato bilanciamento tra esigenze contrapposte, anche in considerazione della circostanza che il coinvolgimento dell’ufficio del P.M. è cosa diversa dal coinvolgimento di chi è chiamato a giudicare, stabilire quando i timori sulla serenità dell’organo chiamato a decidere debbano determinare la trasmigrazione del procedimento in altra sede ovvero sia sufficiente al riguardo la predisposizione di meccanismi diversi, quali l’obbligo di astensione o la correttezza deontologica del soggetto che esercita in concreto il potere. (Rigetta, Cons. Naz. Forense Roma, 5 Luglio 2006)

Cassazione Civile, sez. Unite, 30 giugno 2008, n. 17760- Pres. CRISCUOLO Alessandro- Est. CICALA Mario- P.M. MARTONE Antonio

Giurisprudenza Cassazione

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