In tema di procedimento disciplinare a carico di avvocati, l’inosservanza, da parte del Consiglio nazionale forense, dell’obbligo di motivazione su questioni di fatto integra violazione di legge, denunciabile con ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 56 del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, quando si traduca in mancanza della motivazione stessa (con conseguente nullità della pronuncia per difetto di un indispensabile requisito di forma), e cioè nei casi di radicale carenza di essa o del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi” (cosiddetta motivazione apparente) o fra loro logicamente inconciliabili o comunque perplesse ed obiettivamente incomprensibili. (Nell’enunciare il principio di cui in massima, le S.U. hanno ritenuta corretta sotto il profilo giuridico e congrua sotto quello logico la motivazione con la quale il CNF, nel confermare la sanzione della cancellazione dall’albo inflitta dal Consiglio locale dell’Ordine, aveva concluso che l’avvocato il quale trattenga somme di danaro, segnatamente nello svolgimento di un pubblico incarico quale quello di curatore di eredità giacente, lede gravemente i doveri di lealtà, decoro e correttezza della deontologia professionale, a nulla rilevando l’asserito mancato saldo delle competenze spettantegli).
Cassazione Civile, sentenza del 23 dicembre 2004, n. 23832, sez. U- Pres. Carbone V- Rel. Varrone M- P.M. Iannelli D (Conf.)
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