Poichè le decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare sono impugnabili dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 56, comma terzo, del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, soltanto per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, l’accertamento del fatto, l’apprezzamento della sua rilevanza rispetto alle imputazioni, la scelta della sanzione opportuna e, in generale, la valutazione delle risultanze processuali non possono essere oggetto di controllo in sede di legittimità, salvo che si traducano in palese sviamento di potere, ossia nell’uso del potere disciplinare per un fine diverso da quello per il quale è stato conferito. (Nella specie, la Corte Cass. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la decisione del Consiglio Nazionale Forense, con il quale il ricorrente, pur denunciando violazione di legge in relazione a numerose disposizioni del codice deontologico, ha omesso ogni indicazione sia circa l’interpretazione data dalla sentenza impugnata delle disposizioni del codice deontologico, sia su quale fosse la corretta interpretazione delle medesime disposizioni, così limitandosi ad assumere un apprezzamento delle emergenze istruttorie diverso da quello compiuto dal Consiglio Nazionale Forense, in particolare quanto alla provenienza dalla parte personalmente della richiesta di documentazione, non adempiuta dal professionista sanzionato disciplinarmente).
Cassazione Civile, sentenza del 07 marzo 2005, n. 4802, sez. U- Pres. Carbone V- Rel. Finocchiaro M- P.M. Palmieri R (Diff.)
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