La ratio dell’art. 3 ultimo comma, lett. b) della legge professionale forense, che stabilisce in linea generale l’incompatibilità della professione forense con attività dipendenti, va individuata nell’esigenza di tutelare l’indipendenza di detta professione e l’autonomia di giudizio e di iniziativa degli avvocati nella difesa e patrocinio degli interessi del cliente. La mancanza di questi requisiti, infatti, incide negativamente sulla libertà di determinazione del professionista. Eccezione a tale divieto è prevista per il rapporto di impiego pubblico in ragione degli scopi dell’ente e della condizione di maggior autonomia nella quale avvocati e procuratori degli uffici legali di enti pubblici esplicano tale loro attività (è stata pertanto disposta la cancellazione dell’iscrizione dall’Elenco speciale annesso all’Albo di un professionista dipendente del Banco di Roma, poiché anche le società per azioni d’interesse nazionale non possono essere considerate enti pubblici, essendo strutturate privatisticamente). (Rigetta ricorso contro decisione Consiglio Ordine Roma, 19 luglio 1988).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Grande Stevens, rel. Ricciardi), sentenza del 20 maggio 1991, n. 91
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 91 del 20 Maggio 1991 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera del 19 Luglio 1988
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