Quesito del COA di Busto Arsizio

Il quesito riguarda la tematica delle associazioni professionali tra avvocati. In ispecie si chiede:
a) se sia necessario istituire una sezione speciale dell’albo per esse;
b) se il Consiglio abbia competenza a vagliare l’atto costitutivo delle associazioni;
c) se sia applicabile alle associazioni la normativa professionale e sulle s.t.p. (d. lgs. 2 febbraio 2001, n. 96)

La Commissione, dopo ampia discussione, adotta il seguente parere:
“L’unico strumento posto a disposizione degli avvocati per esercitare la professione in comune era, fino a pochi anni addietro, l’associazione tra professionisti, disciplinata dall’art. 1 della Legge 23 novembre 1939 n. 1815.

Secondo questa norma i professionisti possono associarsi utilizzando, nella denominazione del loro ufficio e nei rapporti con i terzi, esclusivamente la dizione di «studio tecnico, legale, commerciale, contabile, amministrativo o tributario, seguita dal nome e cognome, coi titoli professionali dei singoli associati».

Con la costituzione, per atto pubblico o scrittura privata con firme autenticate, dell’associazione tra professionisti si costituisce un nuovo centro di imputazione di interessi, che può essere titolare di diritti ed obblighi nei confronti dei terzi e che è tenuto a redigere le dichiarazioni dei redditi.

L’associazione avrà pertanto una partita IVA e tutte le fatturazioni relative all’attività comune saranno intestate alla stessa (a titolo esemplificativo l’utenza elettrica, quelle telefoniche, l’acquisto di computer e libri).

A sua volta l’associazione sarà titolare della fatturazione attiva e quindi le prestazioni rese dagli avvocati suoi componenti saranno fatturate dall’associazione, la cui denominazione costituirà il riferimento per i terzi anche ai fini della ritenuta d’acconto.

La differenza fondamentale tra questo tipo di associazione e la società vera e propria può rinvenirsi nell’assunzione in capo alla seconda di piena personalità giuridica, nella diversa responsabilità e nel mantenimento del rapporto fiduciario in capo al professionista singolo.

La procura alle liti, ovvero il diverso incarico saranno conferiti al singolo avvocato che risponderà della propria prestazione (e degli eventuali errori) direttamente e personalmente nei confronti del cliente.

L’art. 2 della citata legge 23 novembre 1939 n. 1815 vietava l’esercizio in società delle professioni per le quali è richiesto il superamento dell’esame di Stato e la conseguente iscrizione in albi.

L’esigenza di modernizzare le libere professioni ha condotto prima all’introduzione della società di professionisti prevista dalla legge 11 febbraio 1994 n. 109 in materia di lavori pubblici, e poi all’abrogazione dell’art. 2 della Legge 1815 operata dall’art. 24 della Legge 7 agosto 1997 n. 266.

Con direttiva 98/5/CE del 16 febbraio 1998, il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’Unione hanno dettato le norme volte a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica.

Con d. lgs. 2 febbraio 2001 n. 96, di attuazione e recepimento della suddetta direttiva, l’Italia ha disciplinato l’esercizio della professione di avvocato in forma societaria.

I soci devono possedere il titolo di avvocato (art. 21, comma 1 del d. lgs. 96/2001), e devono anche essere iscritti nell’albo ex art. 21, comma 4.

L’art. 24 prevede il conferimento dell’incarico professionale alla società e l’esecuzione da parte dei soci in possesso dei requisiti necessari.

Così, ad esempio, l’incarico di difendere in Cassazione potrà essere conferito alla società ma dovrà essere svolto da un avvocato cassazionista; anche il cliente ammesso al patrocinio a spese dello Stato potrà rivolgersi alla società, ma l’avvocato che eseguirà la prestazione dovrà essere iscritto nel relativo elenco.

Inoltre, a norma dell’art. 24, comma 2, il cliente ha diritto di scegliere uno o più soci per l’esecuzione dell’incarico.

Le regole sulla responsabilità sono analiticamente stabilite dall’art. 26.

Da quanto sopra esposto si comprende la differenza tra le due ipotesi, e la loro non assimilabilità.

In particolare, proprio la differente responsabilità prevista nei due casi ha indotto il legislatore a prevedere, solo per le società costituite tra avvocati, l’iscrizione in una sezione speciale dell’albo degli avvocati (art. 16, comma 4, del D. Lgs. in argomento), mentre per le associazioni è previsto solo che la costituzione sia notificata al Consiglio dell’Ordine (art. 1, comma 2, legge 1815/39).

Tale comunicazione è finalizzata a valutare se l’associazione sia costituita nel rispetto delle norme professionali, incluse quelle deontologiche.

In relazione a quanto esposto, la Commissione, sottolineando l’evidenza del richiamato quadro normativo, ritiene di rendere le seguenti risposte ai singoli quesiti:

a) con riferimento alla prima questione, la risposta dev’essere di segno negativo;
b) nella seconda ipotesi, la risposta è positiva, pur nei limiti sopra evidenziati;
c) da ultimo, nel terzo caso la risposta è negativa, poiché la legge professionale andrà applicata nei confronti dei singoli iscritti, mentre la società tra avvocati è regolata da una normativa diversa, come sopra riepilogata”.

Consiglio Nazionale Forense (rel. Florio), parere del 12 dicembre 2007, n. 50

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 50 del 12 Dicembre 2007
- Consiglio territoriale: COA Busto Arsizio, delibera (quesito)
Prassi: pareri CNF

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