La Commissione, dopo ampia discussione, adotta il seguente parere:
“Sul piano generale è senz’altro da confermare il principio secondo cui i requisiti della residenza e del domicilio professionale sono tra di loro alternativi, sicché l’iscritto potrà stabilire senz’altro la propria residenza in luogo diverso dal proprio domicilio professionale (orientamento costante a partire dal parere 28 gennaio 2000, n. 112).
Ciò premesso si conferma quanto chiarito in precedenza, ossia che per domicilio professionale debba intendersi quel luogo che il professionista ha eletto a sede della propria stabile e continuativa attività .
Ciò nondimeno pare difficile che il diverso Consiglio dell’Ordine, presso il quale l’avvocato esercita una parte rilevante della propria attività, possa attivarsi per imporre un cambiamento nell’iscrizione, sulla scorta della mera valutazione del numero di affari trattati nel proprio circondario.
D’altronde, come si è chiarito anche nel recente parere 22 novembre 2006, n. 80, la normativa fa conseguire all’elezione di domicilio professionale una serie di conseguenze rilevanti (perfezionamento delle comunicazioni al domicilio eletto etc.) ma non impone uno specifico obbligo di reperibilità né un dovere di documentare la propria prevalente attività.
È innegabile che la normativa possa essere sfruttata per abusi, da coloro che abbiano interesse, per vario motivo, ad eleggere un domicilio professionale fittizio.
A tale situazione patologica, tuttavia, si dovrà far fronte tramite le segnalazioni e la collaborazione con l’Ordine di iscrizione del soggetto (cfr, in termini, il parere 23 maggio 2002, n. 76) ed avuto riguardo alla perdurante competenza disciplinare del Consiglio per i fatti avvenuti nel foro di competenza, a prescindere dall’iscrizione di colui che li abbia compiuti.
Da ultimo deve darsi riscontro all’ultima parte del quesito, concernente la rilevanza disciplinare di comportamenti quale il trasferimento dell’iscrizione a seguito della mancata liquidazione di parcelle professionali o in conseguenza di sanzione disciplinare.
Non pare che il mero trasferimento possa costituire autonomo illecito disciplinare, tuttavia il Consiglio dell’Ordine territoriale mantiene intatta la propria esclusiva competenza a valutare, in primo grado, se nell’ambito di una vicenda culminata con il trasferimento, l’iscritto abbia tenuto un comportamento disciplinarmente riprovevole.”
Consiglio Nazionale Forense (rel. Allorio), parere del 24 ottobre 2007, n. 45
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 45 del 24 Ottobre 2007- Consiglio territoriale: COA Verona, delibera (quesito)
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