La Commissione, dopo ampia discussione, delibera il seguente parere:
“Il quesito dell’Ordine reggino ripropone alcuni dei delicati nodi interpretativi della lacunosa normativa di cui al cosiddetto “decreto Bersani”, che il Consiglio ha affrontato nell’ampia circolare C-22/2006 del 4 settembre u.s.
In questa sede non si può che confermare quanto si è già ivi considerato quanto alle conseguenze sistematiche delle norme, a carattere abrogativo di principio, contenute nell’art. 2 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 (così come convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248).
In particolare si evidenzia quanto segue.
Escludendo che l’attività multidisciplinare possa essere esercitata, in assenza di espressa previsione di legge, tramite la forma della società di capitali, deve considerarsi il caso di professionisti intenzionati ad unirsi con lo strumento della società di persone.
Per vero il divieto di costituire società professionali multidisciplinari, contenuto nella l. 1815/1939, è già stata abrogato dall’art. 24 della legge 7 agosto 1997, n. 266. Quest’ultimo atto normativo, peraltro, prevedeva – ai fini della propria concreta attuazione – l’emanazione di un decreto ministeriale che fissasse i requisiti per l’esercizio delle attività professionali associate (contemplate dall’art. 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1815), decreto mai adottato.
Il “decreto Bersani” non muta i termini della questione, avendo avuto carattere meramente abrogativo e lasciando inalterata, perciò, la necessità di una normativa attuativa.
Nel silenzio della legge sulla concreta possibilità di costituire società multidisciplinari e sulle specifiche attività che tali società possano svolgere, deve ritenersi ammissibile, per l’avvocato, la partecipazione alle società di persone previste dal codice civile, salva la necessità che, però, l’incarico professionale venga conferito ad un singolo professionista, a tutela del rapporto fiduciario che si va ad instaurare con il cliente.
Il decreto legge 223 del 2006, poi, non dispone l’abrogazione della legislazione sulle S.T.P., cosicché deve ritenersi che l’attività di rappresentanza e assistenza in giudizio sia ancora riservata a questo tipo sociale in via esclusiva (come previsto dall’art. 16 del d. lgs. 2 febbraio 2001, n. 96).
Sarebbero, perciò, assoggettate all’esercizio in forma societaria multidisciplinare le sole attività di consulenza stragiudiziale.
Quanto alla necessità che la società di persone (che avrà evidentemente la propria partita IVA e cui potranno eventualmente essere imputati i compensi dovuti per l’attività svolta) sia iscritta nell’albo degli avvocati in via autonoma, in aggiunta ai nominativi dei legali che vi partecipano, ciò non è imposto dalla recente normativa.
D’altra parte il Consiglio dell’Ordine dovrà sicuramente vigilare affinché l’iscritto non entri a far parte di più società a carattere multidisciplinare, violando la legge e mancando eventualmente anche ai propri doveri deontologici di lealtà e correttezza nell’esercizio della professione.”
Consiglio Nazionale Forense (rel. Orsoni), parere del 17 gennaio 2007, n. 3
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 3 del 17 Gennaio 2007- Consiglio territoriale: COA Reggio Calabria, delibera (quesito)
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