La Commissione, dopo ampia discussione, delibera il seguente parere:
“In via preliminare deve precisarsi quale sia l’ambito di operatività della recente norma che prevede un’incompatibilità tra le cariche di governo ed alcune attività professionali.
Si tratta, in particolare, dell’art. 2, primo comma, lett. d) della l. 20 luglio 2004, n. 215: la disposizione prevede che il titolare di cariche di governo non possa «esercitare attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di governo».
Il Consiglio dovrà, quindi, prima di tutto valutare che vi sia una forma di connessione tra la carica rivestita all’interno del Governo e l’attività professionale, un legame idoneo a generare conflitti d’interesse, ancorché meramente ipotetici o indiretti.
Una volta accertata la sussistenza di una posizione incompatibile, il Consiglio dell’Ordine dovrà applicare il disposto del quarto comma del medesimo articolo, ove recita: «L’incompatibilità prevista dalla disposizione di cui alla lettera d) del comma 1 costituisce causa di impedimento temporaneo all’esercizio della professione e come tale è soggetta alla disciplina dettata dall’ordinamento professionale di appartenenza».
In buona sostanza, la disciplina di legge prevede che, ove sia accertata la causa di incompatibilità con l’esercizio della professione, questa sia soggetta alla disciplina prevista in via ordinaria dall’ordinamento professionale di appartenenza. Alcuni ordinamenti prevedono che i professionisti che non possono esercitare la professione in ragione della sussistenza di cause di incompatibilità siano iscritti, per tutta la durata della situazione in parola, in un apposito elenco speciale (cfr. art. 29, ult. co, DPR 1067/1953, ordinamento della professione di dottore commercialista). L’ordinamento forense, invece, non prevede forme di sospensione temporanea dall’esercizio della professione al di fuori delle sanzioni disciplinari: l’art. 37 R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 prevede che al verificarsi di una situazione di incompatibilità consegua la cancellazione dall’albo di appartenenza, salva evidentemente la facoltà dell’interessato di chiedere la reiscrizione allorquando rivesta nuovamente tutti i requisiti per svolgere l’attività professionale.
Detta cancellazione è peraltro inibita (ai sensi del sesto comma dello stesso art. 37) quando l’interessato sia sottoposto a procedimento disciplinare.
Non pare, quindi, possa esservi altra soluzione del caso rappresentato, se non quella di portare a compimento il procedimento disciplinare (ivi compresa l’esecuzione di eventuali sanzioni che dovessero essere comminate) per poi procedere, immediatamente dopo la sua conclusione, alla cancellazione (amministrativa) dell’interessato per incompatibilità, se essa permanga.”
Consiglio Nazionale Forense (rel. Morgese), parere del 26 ottobre 2006, n. 60
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 60 del 26 Ottobre 2006- Consiglio territoriale: COA Bergamo, delibera (quesito)
0 Comment