La Commissione, dopo ampia discussione, delibera il seguente parere:
“Il quesito si presenta composito, e deve essere perciò analizzato sotto un duplice punto di vista.
Innanzitutto deve chiarirsi che la pratica forense deve svolgersi, a norma di legge, sempre presso uno studio legale, sotto la supervisione di un avvocato iscritto all’albo. Il magistrato, perciò, non potrà mai surrogarsi nella qualità di dominus del praticante, ancorché la frequenza degli ufficî giudiziarî rappresenti senz’altro un’esperienza interessante e possegga un carattere formativo.
La frequenza contemporanea di uno studio legale e dell’ufficio di un magistrato pone, d’altro canto, quei problemi di conflitto d’interesse o di eventuale contiguità che il Consiglio rimettente correttamente evidenzia.
Altro e diverso aspetto riguarda la possibilità che la frequenza della scuola di applicazione forense valga a sostituire un anno di pratica legale di tipo “tradizionale”. In questo campo, come noto, deve aversi riguardo ai soli casi specificamente previsti dalla legge, trattandosi di una deroga alla regola generale sulla durata biennale della pratica presso un avvocato. Attualmente l’equiparazione tra frequenza ai corsi e svolgimento di un anno di pratica vale solo per le scuole di specializzazione per le professioni legali, a norma del D.M. Giustizia 11 dicembre 2001, n. 475, attuativo dell’art. 16, d.lgs. 17 novembre 1997, n. 398.
Nell’ambito della scuola di applicazione forense potranno svolgersi senz’altro visite e brevi esperienze a carattere di stage presso ufficî giudiziarî, come già oggi peraltro diffusamente avviene per le scuole di specializzazione, in attuazione del secondo comma dell’art 16, cit. d.lgs., ma ciò non muta i termini della valenza della scuola quale sostituto, anche solo parziale, della pratica.”
Consiglio Nazionale Forense (rel. Morgese), parere del 24 maggio 2006, n. 36
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, parere n. 36 del 24 Maggio 2006- Consiglio territoriale: COA Ferrara, delibera (quesito)
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