Rapporti con i magistrati – Espressioni sconvenienti ed offensive – Scriminante diritto di critica – Limiti

La violazione dell’art. 20 c.d., che impone al professionista di mantenere con il giudice un rapporto improntato alla dignità ed al rispetto della persona del giudicante e del suo operato, si configura anche nell’utilizzo di espressioni sconvenienti in quanto dirette consapevolmente ad insinuare nei confronti del magistrato il sospetto di illeicità ovvero la violazione del dovere di imparzialità nell’esercizio delle funzioni.
La tutela del diritto di difesa critica, il cui esercizio non può travalicare i limiti della correttezza e del rispetto della funzione, non può tradursi, ai fini dell’applicazione della relativa “scriminante”, in una facoltà di offendere, dovendo in tutti gli atti ed in tutte le condotte processuali rispettarsi il dovere di correttezza, anche attraverso le forme espressive utilizzate. (Accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione C.d.O. di Treviso, 9 luglio 2007).

Consiglio Nazionale Forense (pres. ALPA, rel. DEL PAGGIO), sentenza del 2 novembre 2010, n. 188

Classificazione

- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 188 del 02 Novembre 2010 (accoglie)
- Consiglio territoriale: COA Treviso, delibera del 09 Luglio 2007
abc, Giurisprudenza CNF

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