Va esclusa la disapplicazione della legge n. 339/2003, e con essa l’invalidità della delibera di cancellazione adottata dall’Albo degli Avvocati in applicazione della citata normativa, per asserito contrasto della stessa legge con i principi di uguaglianza e di proporzionalità delineati dall’art. 5 comma 3 TCE. La legge n. 339/03 non viola il principio di proporzionalità enunciato dall’art. 5 TCE, poiché la restaurata incompatibilità per il tramite della citata disciplina non mira ad elidere soltanto possibili specifici conflitti di interesse, ma piuttosto un permanente stato di confusione tra l’interesse di una singola amministrazione pubblica (e, quindi, complessivamente l’interesse pubblico perseguito) e quello del soggetto estraneo alla P.A. che si affida come cliente all’avvocato, il quale deve anteporre quell’interesse ad ogni altro (anche al proprio). Ne consegue che la soluzione di non lasciare al Giudice disciplinare del caso singolo la valutazione ex post, ma di elidere il conflitto in radice mediante la sanzione della incompatibilità, si appalesa senz’altro proporzionata all’alto scopo. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Isernia, 18 dicembre 2006).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. VERMIGLIO, rel. CARDONE), sentenza del 18 giugno 2010, n. 36
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 36 del 18 Giugno 2010 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Isernia, delibera del 30 Dicembre 2018
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