Benché l’art. 51, canone I, c.d.f. faccia espresso riferimento alla fattispecie in cui un avvocato, dopo avere assistito congiuntamente i coniugi in controversie familiari, assuma successivamente il mandato in favore di uno di essi contro l’altro, analoga esigenza di tutela è ravvisabile nell’ipotesi in cui l’avvocato abbia prestato consulenza in vista di una separazione ad uno dei coniugi e, in seguito, abbia accettato il mandato dall’altro coniuge per assisterlo nella medesima separazione, con conseguente operatività, anche in tale ultima fattispecie, del medesimo obbligo di astensione dell’avvocato, a prescindere dalla sussistenza di un conflitto di interessi effettivo o meramente potenziale.
Ancorché tutti gli iscritti all’Albo siano tenuti al rigoroso rispetto delle norme deontologiche, gli avvocati che godono di maggior fama devono essere tuttavia particolarmente ligi all’osservanza delle norme deontologiche, in quanto, per un verso, i colleghi, soprattutto più giovani, tendono ad assumerli ad esempio, e, per altro verso, gli illeciti da loro compiuti hanno una maggiore risonanza presso l’opinione pubblica e, quindi, una potenzialità lesiva dell’immagine e del decoro della categoria professionale particolarmente rilevante. (Accoglie il ricorso avverso decisione C.d.O. di Milano, 23 marzo 2009)
Consiglio Nazionale Forense (pres. ALPA, rel. ALPA), sentenza del 12 maggio 2010, n. 26
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 26 del 12 Maggio 2010 (accoglie)- Consiglio territoriale: COA Milano, delibera del 23 Marzo 2009
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