A seguito dell’impugnazione della decisione con cui il C.d.O. abbia disposto la cancellazione dall’Albo degli Avvocati per incompatibilità ai sensi della legge n. 339/03, va esclusa la sospensione del giudizio dinanzi al C.N.F. sino alla pronuncia della Corte di Giustizia Europea sulla questione pregiudiziale ad essa sottoposta dal giudice interno, laddove, come nella specie, la questione sollevata difetti sotto più profili dei requisiti minimi di ammissibilità.
In tema di cancellazione dall’Albo per incompatibilità dell’avvocato dipendente pubblico “part-time”, il divieto ripristinato dalla legge n. 339/2003 è coerente con la caratteristica, peculiare della professione forense, dell’incompatibilità con qualsiasi “impiego retribuito, anche se consistente nella prestazione di opera di assistenza o consulenza legale, che non abbia carattere scientifico o letterario”, non incontrando la discrezionalità del legislatore, libero di introdurre nuove discipline anche opposte a quella in vigore purché non contrastanti con le norme costituzionali e non irragionevoli, il limite del rispetto dei c.d. “diritti quesiti”. Peraltro, pur prescindendo dal rilievo che una tale posizione debba inquadrarsi più correttamene nella categoria delle mere aspettative che non tra i diritti, non può ritenersi che la suddetta disciplina dovesse necessariamente essere indirizzata nel senso di escludere l’applicazione del nuovo regime restrittivo a coloro che già risultavano (legittimamente) iscritti nell’albo, anche perché non può dirsi che una disciplina transitoria manchi, essendo questa al contrario individuabile proprio nel primo comma dell’art. 2, l. cit., che opportunamente e ragionevolmente prevede un adeguato periodo di “moratoria” al fine di esercitare l’opzione tra l’impiego e la libera professione.
In tema di cancellazione dall’Albo degli Avvocati per incompatibilità ex lege n. 339/03, gli uffici pubblici di deputato e/o di soggetti che rivestono cariche politiche non sono equiparabili ai pubblici impieghi che per la legge professionale generano incompatibilità.
La disciplina posta dalla legge n. 339/03 si occupa di un problema di regolamentazione del pubblico impiego, riferendosi propriamente alla P.A. ed alle modalità di esercizio di funzioni pubbliche, senza per nulla involgere l’ordinamento e l’organizzazione della professione di avvocato, che rimane intatto nei suoi principi. Va pertanto esclusa la possibilità di disapplicare la suddetta normativa per asserita contrarietà della stessa con il Trattato istitutivo della Comunità Europea sotto il duplice profilo della disciplina della concorrenza tra imprese e del diritto di libera circolazione degli avvocati nell’Unione europea. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Nola, 15 settembre 2008)
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. VERMIGLIO, rel. CARDONE), sentenza del 16 marzo 2010, n. 12
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 12 del 16 Marzo 2010 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Nola, delibera del 15 Settembre 2008
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