Il professionista che, all’interno dei locali del Tribunale, si rivolga ad un collega utilizzando espressioni e modi irriguardosi ed aggressivi, non consoni alla correttezza ed al decoro formale e sostanziale cui deve costantemente uniformarsi il comportamento dell’esercente la professione forense, pone in essere un contegno deontologicamente rilevante che, peraltro, in quanto tenuto nel luogo di ordinario esercizio del ministero professionale, arreca disdoro alla dignità del destinatario, travalicando il limite del decoro (nella specie, tuttavia, non attenendo la condotta della ricorrente a fatti in concreto inerenti all’esercizio del ministero professionale, il CNF ha ravvisato nella condotta dell’incolpata gli estremi della violazione non dell’art. 12 del R.D.L. n. 1578/33, ma del solo art. 38 del medesimo r.d.l., norma che impone all’avvocato, anche al di fuori del campo di esercizio dell’attività professionale in senso stretto, il dovere di mantenere una condotta improntata ai valori della dignità e del decoro e che, per quanto attiene al caso di specie, ha trovato, attuazione nell’art. 20 del Codice deontologico forense, che costituisce regola di comportamento generale cui l’avvocato è tenuto ad uniformare la propria attività e le proprie azioni). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Firenze, 14 febbraio 2007).
Consiglio Nazionale Forense (pres. ALPA, rel. BERRUTI), sentenza del 27 novembre 2009, n. 126
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 126 del 27 Novembre 2009 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Firenze, delibera del 14 Febbraio 2007
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