Coerentemente con la costante interpretazione dell’art. 38 r.d.l. n. 1578/33 fatta propria dalla giurisprudenza disciplinare e di legittimità, il comportamento conforme ai doveri di dignità e decoro professionale va riferito ad ogni aspetto della vita di relazione del professionista e, dunque, anche al di fuori dell’esercizio dell’attività legale, purché sia tale da ledere il comune sentimento della collettività: l’avvocato viene infatti considerato un collaboratore della giustizia e la sua condotta, come tale, deve in ogni caso conformarsi a criteri di correttezza, dignità e decoro, ancorché il suo comportamento non abbia alcuna relazione con l’attività professionale (nella specie, è stato ritenuto che l’omessa informazione sulla conclusione della procedura e l’appropriazione, da parte dell’avvocato, delle somme dovute al proprio mandante, con il quale intercorreva un rapporto di affinità, costituiscono fatti idonei a screditare la reputazione professionale specifica della ricorrente in modo oggettivo e, conseguentemente, l’intera categoria). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Bari, 6 luglio 2005).
Consiglio Nazionale Forense (pres. ALPA, rel. BIANCHI), sentenza del 15 dicembre 2006, n. 159
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 159 del 15 Dicembre 2006 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Bari, delibera del 06 Luglio 2005
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