La sospensione dall’esercizio della professione, disciplinata dall’art. 43, r.d.l. n. 1578/1933, nel testo novellato dall’art. 4 della legge n. 91/71, rappresenta, per costante insegnamento giurisprudenziale, la necessità ed opportunità di salvaguardare l’ordine forense dalla menomazione di prestigio che dal solo fatto dell’assoggettamento dell’incolpato al procedimento penale per determinati reati o comportamenti può derivare all’intera categoria. Essa, pertanto, non è una forma di sanzione disciplinare, come tale suscettibile di applicazione soltanto dopo il procedimento disciplinare, ma costituisce, al contrario, un provvedimento cautelare incidentale di natura amministrativa non giurisdizionale a carattere provvisorio, svincolato dalle forme e dalle garanzie del procedimento disciplinare, nel senso che non richiede la preventiva formale apertura di un procedimento disciplinare, e che viene adottata dal C.O.A. nella sua piena discrezionalità, al fine di tutelare sé stesso ed i terzi in genere dal pericolo derivante dall’esercizio della professione forense da parte di chi, allo stato, non si trovi in possesso di quei requisiti prescritti dalla legge per lo svolgimento di quella funzione di pubblico interesse. In altri termini, con la sospensione cautelare non si presume mai la colpevolezza del giudicabile ma si realizzano soltanto le garanzie per l’ipotesi che, nella competente sede, la colpevolezza venga accertata e definitivamente dichiarata. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Bari, 7 dicembre 2004).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. CRICRÌ, rel. BONZO), sentenza del 6 dicembre 2006, n. 137
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 137 del 06 Dicembre 2006 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Bari, delibera del 07 Dicembre 2004
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