Nel procedimento disciplinare la contestazione nei confronti di un avvocato, che sia adeguatamente specificata quanto all’indicazione dei comportamenti addebitati, non richiede né la precisazione delle fonti di prova da utilizzare, né la individuazione delle precise norme deontologiche che si assumono violate, considerato che la predeterminazione e la certezza dell’incolpazione può ricollegarsi a concetti diffusi e generalmente compresi dalla collettività. Né consegue che è necessario ma al contempo sufficiente a garantire il diritto di difesa dell’incolpato la chiara contestazione dei fatti addebitati non assumendo, invece, rilievo la omessa indicazione delle norme violate o una loro erronea individuazione, dovendosi configurare la violazione del diritto di difesa nelle sole ipotesi in cui la sanzione disciplinare sia inflitta per fatti diversi da quelli addebitati. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Roma, 4 dicembre 2003).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. TIRALE, rel. DANOVI), sentenza del 10 novembre 2005, n. 132
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 132 del 10 Novembre 2005 (respinge)- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera del 04 Dicembre 2003
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