In materia disciplinare nell’ipotesi di ricusazione o astensione in cui gli atti siano inviati ad altro C.d.O. perché decida, la competenza viene radicata anche dall’avvio della semplice attività preliminare a nulla rilevando l’eventualità che nelle more della fase preliminare siano mutate le circostanze che avevano determinato la rimessione degli atti.
L’omessa indicazione nella decisione disciplinare del numero del registro delle decisioni non rileva ai fini della validità della stessa, non essendo prevista da alcuna norma procedimentale e costituendo eventualmente una irregolarità burocratica della segreteria, successiva al perfezionamento e al deposito dell’atto medesimo.
Nel procedimento disciplinare, come nei procedimenti ordinari, è valida la notifica dell’atto di citazione effettuata a mezzo posta con la restituzione dei plichi non recapitati dopo il compiuto deposito. Non determina la nullità della decisione disciplinare la mancata acquisizione di prove a discolpa quando risulti che il C.d.O. abbia ritenuto tali prove ininfluenti ai fini del giudizio, per essere il collegio già pervenuto all’accertamento completo del fatto da giudicare, attraverso la valutazione delle risultanze acquisite.
Il giudizio disciplinare comporta un giudizio complessivo sulla condotta dell’incolpato e la sanzione inflitta non è la somma di altrettante pene singole sugli addebiti contestati, ma la valutazione complessiva della condotta dell’incolpato. Nel procedimento disciplinare non rileva ai fini della validità della decisione la eventualità che lo stesso si sia svolto con fascicolo contenente copie fotostatiche degli atti se non vi sia stata o non vi sia una esplicita contestazione della rispondenza delle copie con l’originale.
Nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati vale il principio per cui l’effetto sospensivo della proposizione dell’istanza di ricusazione non è automatico potendo l’organo innanzi al quale l’istanza viene proposta valutarne l’ammissibilità e, ove ritenga, in forza di una sommaria valutazione, che della ricusazione manchino ictu oculi i requisiti formali, disporre la prosecuzione del procedimento.
La ricusazione non è ammessa nei confronti dell’intero C.d.O. ma soltanto dei singoli componenti e per motivi riguardanti pregressi rapporti di carattere personale estranei all’esercizio della attività decisionale.
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che assuma l’incarico sebbene si trovi in una posizione di conflitto di interessi con il proprio assistito, concluda con lo stesso un patto di quota lite e ometta di dare chiarimenti al C.d.O. sul suo comportamento.
Il patto di quota lite, infatti è configurabile non solo nell’ipotesi in cui il compenso del professionista consista in una parte dei beni o crediti litigiosi, come normativamente previsto, ma anche qualora tale compenso sia convenzionalmente correlato al risultato pratico dell’attività svolta. (Nella specie è stata confermata la sanzione della cancellazione dall’albo al professionista che essendo stato ammesso alla massa fallimentare per crediti professionali aveva poi accettato di tutelate gli interessi di altri creditori del fallito così ponendosi in una situazione di conflitto di interessi e che aveva concordato con il cliente una non consentita partecipazione proporzionale agli utili conseguiti e aveva, altresì, omesso di dare chiarimenti al C.d.O. sul suo comportamento). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Bari, 3 luglio 2002).
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 300 del 14 Dicembre 2004 (respinge) (cancellazione)- Consiglio territoriale: COA Bari, delibera del 03 Luglio 2002 (cancellazione)
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